L’AIFA ha approvato la rimborsabilità di olaparib (AstraZeneca e MSD), in associazione con abiraterone e prednisone o prednisolone, per il trattamento di prima linea di pazienti con carcinoma della prostata metastatico e resistente alla castrazione (mCRPC) e con mutazioni BRCA 1/2 (germinali e/o somatiche), in cui la chemioterapia non è clinicamente indicata. Nello studio PROpel, in questa popolazione di pazienti, olaparib – terapia orale mirata capostipite della classe dei PARP inibitori – in associazione con abiraterone ha ridotto del 71% il rischio di morte.
Il carcinoma prostatico
Nel 2024, in Italia, sono stati stimati circa 40.190 nuovi casi di carcinoma prostatico, il più frequente negli uomini. “È determinato dalla crescita incontrollata di cellule all’interno della prostata – spiega Orazio Caffo, Direttore Oncologia all’Ospedale Santa Chiara di Trento -L’organo, che fa parte dell’apparato genitale maschile, normalmente è grande come una noce. Con l’età e l’insorgenza di alcune patologie può raggiungere le dimensioni di un mandarino, a causa di infiammazioni croniche o processi degenerativi. L’età media, al momento della diagnosi, è di circa 70 anni e si sviluppa più frequentemente a partire dai 50”.
“ Questa forma di cancro – continua Caffo – non ha sintomi specifici e quelli riscontrabili sono gli stessi che caratterizzano altre patologie non correlate al tumore che comportano l’ingrossamento della prostata, ad esempio indebolimento del getto delle urine, frequente necessità di urinare, dolore alla minzione e presenza di sangue nelle urine o nel liquido seminale. I sintomi compaiono solo se il tumore è abbastanza voluminoso da esercitare pressione sull’uretra, ma sono difficilmente riconoscibili quando è di piccole dimensioni. Va ricordato che, in circa il 10% dei pazienti, la malattia si sviluppa su base ereditaria. La presenza di mutazioni nei geni di riparazione del DNA, in particolare di BRCA1 e BRCA2, espone infatti gli uomini a un rischio maggiore di sviluppare il carcinoma prostatico. Queste mutazioni aumentano la probabilità di insorgenza anche dei tumori della mammella, dell’ovaio e del pancreas”.
La sopravvivenza a 5 anni raggiunge il 91%. “Un dato notevole, se si considera l’età avanzata dei pazienti e la frequente presenza di altre patologie croniche – sottolinea Giuseppe Procopio, Direttore del Programma Prostata e dell’Oncologia Medica Genitourinaria alla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano – I sintomi, però, sono spesso sottovalutati, portando alla scoperta della malattia in fase avanzata. Circa il 10-20% degli uomini con carcinoma della prostata avanzato sviluppa la forma resistente alla castrazione (CRPC) entro cinque anni e oltre l’80% presenta metastasi alla diagnosi di CRPC. Questa condizione, che fino a oggi ha presentato come standard di cura la terapia ormonale o la chemioterapia, resta associata a un tasso di mortalità significativo e a una sopravvivenza limitata. Da qui la necessità di nuove opzioni terapeutiche”.
Le evidenze dello studio PROpel
Lo studio di Fase III PROpel ha coinvolto circa 800 pazienti con malattia metastatica resistente alla castrazione, che non avevano ricevuto precedenti terapie. “In tutti i pazienti arruolati nello studio PROpel, indipendentemente dalla presenza di mutazioni genetiche, la sopravvivenza libera da progressione radiografica mediana era di 24,8 mesi per olaparib più abiraterone rispetto a 16,6 mesi per il solo abiraterone – afferma Orazio Caffo – E, aspetto ancora più importante, olaparib, in combinazione con abiraterone, ha ridotto il rischio di progressione di malattia del 34%. Questo dato ci fa capire quanto sia clinicamente rilevante il trattamento di combinazione rispetto alla monoterapia con abiraterone”.
“L’aggiornamento dello studio PROpel – aggiunge Caffo – ha evidenziato anche una tendenza favorevole al miglioramento della sopravvivenza globale con olaparib più abiraterone rispetto ad abiraterone da solo. La sopravvivenza globale mediana ha raggiunto 42,1 mesi rispetto a 34,7 mesi, con un vantaggio di 7,4 mesi. È la sopravvivenza globale mediana più lunga raggiunta finora nel trattamento di prima linea della malattia metastatica resistente alla castrazione, indipendentemente dal profilo mutazionale. Nei pazienti BRCA mutati, la riduzione del rischio di morte è stata pari al 71% e, a un follow up mediano superiore a 36 mesi, la mediana di sopravvivenza globale non è raggiunta con la combinazione olaparib più abiraterone rispetto a 23 mesi con abiraterone da solo”.
La nuova approvazione di olaparib
Nel 2022 l’AIFA aveva già approvato la rimborsabilità di olaparib in monoterapia nei pazienti con carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione con mutazioni dei geni BRCA1/2, in progressione dopo una precedente terapia con un agente ormonale.
“La nuova approvazione da parte di AIFA consente di utilizzare olaparib in prima linea in tutti i pazienti con mutazione di BRCA – continua il prof. Caffo – I risultati dello studio PROpel indicano che il PARP inibitore in prima linea, in combinazione con una terapia ormonale di nuova generazione, è in grado di impattare efficacemente sull’evoluzione della malattia, che si traduce in un allungamento della sopravvivenza, in un miglior controllo dei sintomi e, quindi, in una migliore qualità di vita. Siamo di fronte a una grande risorsa terapeutica, che cambia la pratica clinica in prima linea e che l’oncologo, da oggi, ha a disposizione per migliorare il controllo della malattia nei pazienti con mutazione dei geni BRCA”.
L’importanza del test genomico
“Il test BRCA rappresenta uno step fondamentale nella decisione del trattamento del carcinoma prostatico metastatico e dovrebbe costituire un esame da eseguire tempestivamente in tutti i pazienti con malattia avanzata – evidenzia Giuseppe Procopio – Non solo. L’identificazione di varianti nei geni BRCA in un uomo con carcinoma prostatico permette di intraprendere un percorso di consulenza oncogenetica nei familiari per identificare i portatori ad alto rischio, a cui è possibile proporre programmi di diagnosi precoce o strategie per ridurre la probabilità di sviluppare il cancro”
“Nel trattamento di questa neoplasia – continua Procopio – stiamo vivendo una fase di innovazione senza precedenti. Oggi riusciamo a individuare con precisione diverse informazioni biologiche e possiamo conoscere meglio anche i vari setting, cioè le condizioni cliniche, in cui si presenta il cancro: malattia localizzata, localmente avanzata o metastatica. In base a queste variabili, va definito il percorso di cura migliore per il singolo paziente. Il carcinoma prostatico, inoltre, è una patologia particolarmente ‘furba’, perché è in grado di mettere in atto sistemi di difesa che contrastano l’efficacia delle terapie, come nella forma metastatica resistente alla castrazione”.
“Quando è in stadio avanzato, la neoplasia presenta un impatto significativo sulla quotidianità dei pazienti – conclude il prof. Procopio -. Le metastasi ossee e il dolore sono alcuni dei principali problemi correlati alla progressione della malattia. Da qui l’importanza dell’approvazione di olaparib, in combinazione con abiraterone, in prima linea da parte di AIFA. La gestione del tumore della prostata deve essere multidisciplinare e multiprofessionale, perché solo così possono essere ottimizzati l’appropriatezza diagnostica e terapeutica, l’accesso alle cure e l’utilizzo delle risorse”.